Sul volo di ritorno dall’Islanda, con gli occhi pieni di meraviglie naturali ancora aggrovigliate una sull’altra. Non c’è stato un momento di tempo, in questa settimana intensa, per mettere giù impressioni e dunque dovrò ricorrere agli scatti di memoria e di telefono per raccontare un po’ questo paese.
Gelido, mica si chiama Iceland per scherzo, ma a noi ha riservato quasi solo giornate di sole sorridente.
Il tempo benevolo ha di certo aiutato, ma in ogni caso l’Islanda ci ha messo del suo.
Otto giorni on the road, cambiando letto ogni notte, hanno regalato una grande serenità costruita sui ghiacciai, gli iceberg e gli scorci infiniti di lava per mare e per terra.
Qui non ci sono ferrovie e nemmeno autostrade.
Qui si va per una lunga strada a due corsie che abbraccia tutta l’isola. In compenso i parcheggi sono quasi tutti a pagamento. Prezzi non generosi, quelli no. Tariffe giornaliere anche se si resta solo un’ora o due. Con questo metodo, noi abbiamo pagato ogni giorno almeno per tre giorni completi in tre posti diversi. Il salasso viene garantito da telecamere arcigne e inflessibili, pronte a castigarti anche se ci si ferma indecisi per due minuti in loro prossimità e fuori dal muro di cinta della loro intelligenza artificiale e dunque un po’ pedissequa. Oltre queste oasi esose, ci aspettano lunghi tratti nel mezzo del nulla, qualche pecora disseminata, alberi pochi assai. Il verde non è quello brillante irlandese. Resta un po’ più spento, non disturba il nero prepotente che i vulcani hanno imposto nei secoli dei secoli.
Che se la vedono solo con i ghiacciai, impegnati anche loro dagli stessi secoli (all’incirca) a sfornare cascate rutilanti di arcobaleni, fiumi, ruscelli, pozze, lagune e ogni altra forma che l’acqua può assumere in modo naturale.E così, il viaggiare è un susseguirsi di sorprese ed emozioni. Di gente ce n’è pochina, quasi tutta concentrata a Reykjavik. I paesini sono generalmente composti di quattro case in croce, prefabbricate per lo più, dipinte di colori vivaci, corredate da una o più stazioni di servizio che vanno da large con cibo e souvenir a extra small.
Colgo l’occasione in queste note sparpagliate per segnalare che i prezzi sono abominevolmente alti per ogni cosa, non solo per i parcheggi. È proprio uno standard che non si applica solo al turista malcapitato, ma è l’ordine naturale e non ci si può opporre ne sottrarre in nessun caso. Io mi sono rassegnata e impoverita in totale resilienza. Paga di esserci.
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