Una l’avevo già vista in Kazakistan: luminosa, verde, a cielo pieno. Però, essendo il Kazakistan non il mio posto preferito (diciamo), né le circostanze delle migliori, è rimasta una esperienza un po’ ai margini della memoria e nella periferia estrema dell’ apprezzamento. Questa volta è stato ben diverso.
In Islanda le aurore boreali cominciano ad essere visibili da fine agosto. Incontrarne una per caso intorno al 20 è stato uno dei tanti regali di questo viaggio.
Non una grande, spettacolare, eh. Una piccolina. È sbucata inaspettata durante uno dei primi trasferimenti notturni. Le nostre due macchine hanno inchiodato contemporaneamente in mezzo al nulla. Perché noi possiamo tranquillamente considerare Fagurhòlsmyri il mezzo del nulla senza che nessuno si offenda, no?
L’emozione di quella luce verde nel cielo è stata palpabile. Difficile catturarla con le macchine fotografiche. Certi battiti del cuore non passano nel pixel nemmeno per sogno. Una felicità profonda, la meraviglia uscita dal buio.
Un buio, vale la pena di ricordare, che in questa stagione è assai ristretto, diciamo 5 ore scarse sulle 24.
Questo significa che le giornate sono lunghissime e non si percepisce. La luce quasi perenne fa scherzi da folletto a noi del sud inesperti di questo clima peculiare.
Perché, in viaggio, viene naturale proseguire con le attività e le scoperte finché c’è luce e solo quando si è esausti ci si accorge che, comunque, si è arrivati alle dieci di sera e sarebbe anche ora di rendersi conto che la notte qui non coincide con il buio.
Per queste immagini , ringrazio Michele, uno dei vagabondi più attivi per le foto (e le chiacchiere). Poiché non so se vuole essere citato, lo lascio per ora almeno in parte anonimo
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