Mobbing. Cos’è, precisamente, il mobbing? Una roba sfuggente, scivolosa, senza una struttura precisa. Si annida, come un parassita, in altre forme di vita sociale. Predilige ambienti lavorativi, ma si adatta bene anche in contesti collettivi come bande, gang, scuole. Ha generalmente un decorso lungo, i sintomi all’inizio sono blandi. Ma c’è anche una forma fulminante, definitiva in poche settimane. Se isolate l’una dall’altra le avvisaglie possono essere scambiate per episodi caratteriali, normali dissensi o antipatie. Scaramucce, suvvia. Se trascurato, invece, il morbo di Mobbing, può anche portare alla paralisi e poi alla morte. Io ne sono uscita già da un po’, sono una sopravvissuta. So di che parlo. E ancora faccio fatica ad elaborare.
Tutti contro uno e il muro collettivo, ogni mattone una alzata di sopracciglio, una smorfia di disprezzo, un lavoro lasciato cadere nella fossa del malfatto. Poco a poco le riunioni ti spennellano di invisibilità, finché non dimenticano di includerti. I tuoi squilli parlano al vuoto, i messaggi galleggiano nell’etere e peggio per te se incatenano le tue giornate all’incudine del nulla. Le spire dei minuti ti avvolgono fino a soffocarti, i tuoi compiti si erodono. Quello che fai cade nell’indifferenza. Oppure passa sotto la lente del disprezzo. In quel caso whatsapp urla nel suo maiuscolo imperioso, la violenza ti afferra alla gola. Non è prevista arringa della difesa in questo processo di fantasmi. La pena é liquefare le tue giornate.
Non serve affrontare il fumo, ti diranno che va tutto bene, ma le richieste saranno sempre più imperiose e fantasiosamente irragionevoli. L’attacco viene a tradimento, sei l’idiota, quello che nemmeno le fotocopie. E pazienza se fuori da quel corridoio lungo godi della stima e dell’affetto generali. Il ragno tesse la sua tela occludendo i pori e si allunga sulla tua casa, torturando le notti e i sogni con le creature di ira e disapprovazione. Sono cieche. Sono sorde. Tagliano le corde vocali della razionalità. Poco a poco i denti affilati triturano ogni gesto per trasformarlo in errore, la paura si acquatta tra nervi, ossa, cervello fino alla paralisi.
Uscire dalla stanza comporta affrontare mostri, alcuni reali, altri cresciuti nella mente e non meno dannosi.
Il mobbing non è da sottovalutare. Bisogna reagire, ma è difficilissimo farlo. Soprattutto da soli. Anche pericoloso, perché la lucidità spesso è andata a farsi benedire. Per questo, per i giornalisti, l’Associazione stampa romana, oltre ad altre associazioni territoriali, ha aperto uno sportello, tutti i venerdì a via della Torretta. Ascolto, consigli, strategia. Perché certe situazioni vanno affrontate, ma vanno affrontate con coraggio, ma anche con consapevolezza. Prima che sia troppo tardi.
Non so come si regolino in tempi di lockdown, forse il servizio ha modalità diverse. Ma telefonate, fatevi aiutare a difendervi.
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