Sono stata in Uk, lo scorso week end. Non nascondo che prima di partire avevo una certa apprensione. Le file, la difficoltà di distanziamento, la qualità dell’aria e tutta quella mescolanza di informazioni e credenze che circolano ovunque non incitavano alla tranquillità.
Invece, devo dire che Aeroporti di Roma e Alitalia si sono dimostrati davvero efficienti. Molto meglio di Heathrow, a essere sincera.
Arrivare a Fiumicino è un po’ uno choc: l’androne è sconsolato, i counter abbassati, negozi e bar sonnolenti e impigriti. Manca la vita. Di solito, la fila della security scorre efficiente, ma stavolta è stato un battibaleno ed ero dentro. Il distanziamento fisico è facilissimo da mantenere, anzi ci si aggira sperduti nel vuoto. Questa volta ho volato Alitalia. La mia amata EasyJet ha soppresso i collegamenti tra Roma e Luton (per me aeroporto di riferimento) e per atterrare lì avrei dovuto prendere un comodo volo Wizzair con scalo a Vienna o Praga o similari e un totale di 7-8 ore di viaggio scosceso assai.
Meglio Alitalia e Heathrow. Niente mezzi pubblici, bus, treni o tube, mi è venuta a prendere Flaminia.
L’imbarco si svolge per file, dai posti in fondo a quelli davanti in modo da evitare il più possibile il contatto. Ma mentre a Fiumicino la temperatura viene presa automaticamente e nemmeno te ne accorgi, a Heathrow ancora sono in due con quella specie di pistole termiche che in Italia non si vedono più nel pubblico almeno da maggio. Stessa cosa al contrario per lo sbarco. Si alzano, prendono le loro cose ed escono prima i passeggeri della fila 1 e poi, a seguire, tutte le altre file.
Qualche insubordinazione c’è, ma poche. La donna dietro di me si è alzata in anticipo mentre prendevo le mie cose ed è stata incenerita dal mio gelido: “quale parte del ‘una fila per volta’ non le è stata chiara?”. È ricaduta sul sedile come un sacco, senza nemmeno dibattersi.
Le code inglesi tuttavia sono un po’ meno organizzate. Strana affermazione fatta da una italiana. Ma l’aeroporto romano è di gran lunga il vincitore. A Heathrow si impuntano sui liquidi anche in infinitesimale quantità. Non rispettano le distanze. Le file sono sgraziate e scomposte. Pur con un hub quasi deserto, le attese del controllo sono lunghe e affollate. Chi l’avrebbe mai detto…
Il volo (almeno i due che ho fatto io nel fine settimana) si svolge in un silenzio palpabile. Nessuno parla. Forse per paura delle goccioline potenzialmente letali. Nessun annuncio dal pilota o dall’equipaggio, se non le info strettamente necessarie sul viaggio. Non si servono cibi o bevande. Non si vende, non si compra. Non si chiacchiera. I bagliori degli schermi elettronici sono il massimo della vitalità. Con umorismo involontario, gli assistenti di volo nell’impartire le istruzioni in caso di depressurizzazione dell’aereo precisano che le maschere per l’ossigeno devono essere indossate SENZA la mascherina antiCovid. Maddai? Vabbè.
Il vantaggio -perché un vantaggio almeno c’è- è che si parte e si arriva in orario. Se non in anticipo. Io, per esempio, al ritorno sono arrivata 40 minuti prima. Niente coda per il decollo, nessun problema a scendere appena a destinazione. Il traffico aereo non esiste più.
Hits: 220