Lo chiameremo don Giuseppe, questo prete quarantenne di paese. Esiste davvero. La sua cura delle anime è impeccabile. Lo zelo con il quale guida la parrocchia è pari al fervore nel rapporto con il cielo. Don Giuseppe corre tutto il giorno per assistere le sue ‘pecorelle’, che poi ritrova (chi più chi meno) nell’ovile della chiesa.
Così, andando e venendo, gli è capitato di sentirsi stanco. Qualche colpo di tosse, tuttavia, non ha fermato l’entusiasmo. E la messa rappresenta il fulcro della celebrazione religiosa. Don Giuseppe non se l’è sentita di svilire il rito sacro con l’armamentario anti covid. Quelle mascherine gli sembrano un insulto a dio. E anche una mancanza di fiducia nei suoi confronti, a ben guardare. Così, la messa don Giuseppe la celebra a volto scoperto e a mani nude offre l’ostia consacrata. Si usa così dai tempi dei tempi, no?
Sotto consiglio minaccioso del medico, don Giuseppe infine si sottomette al rito sanitario del tampone. Positivo.
Le vecchiette infettate sono almeno quattro. Una in terapia intensiva. Non si contano i contagi. Un focolaio religioso. Nemmeno la telefonata del vescovo convince medico e sindaco a minimizzare. La parrocchia è chiusa. Il paese anche.
Anche la fede nella scienza può aiutare qualche volta.
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