Scenario: Maremma ricca di turismo agiato, seconde case opulente riaperte in fretta e furia all’affacciarsi della stagione dell’epidemia, quella dei ricchi senza mascherina, gli sfollati senza coscienza, ma con servitù.
Intreccio: tutti i domestici stagionali vengo richiamati in servizio per far splendere i rifugi di chi si ritira dal virus, portandolo nelle valigie del nord. Difficile rifiutare il lavoro. Sei stagionale, sei venuto in Toscana da lontano in cerca di stabilità. Est, lontano est, sud. Non importa dove è iniziato il viaggio. Conta mangiare e le scuole ai figli. Conta il tessuto di sottomissione scontata con il quale riesci a farlo. Lo sai bene che gli sfollati d’oro, lassù sulla collina, tossiscono e ansimano. Ma se lasci squillare il telefono a vuoto proprio ora, le porte del benessere minimo potrebbero chiudersi definitivamente. Rispondi. Vai. Il virus è democratico, dicono, e non fa distinzioni.
E si spande nell’aria sottile dei bagni da pulire e dei letti da rifare, dai piatti riportati in cucina passa ai tuoi polmoni. Tossisci e ansimi anche tu. Infetto e scacciato, passi dal letto di casa all’ospedale. La vita appesa all’ossigeno, i figli a casa febbricitano. Gli spiccoli guadagnati scorrono nell’attesa incerta del prossimo respiro.
Lassù, nel giardino truccato alla perfezione, leggono il Decamerone, La peste, forse I promessi sposi. Nemmeno si accorgono che chi sparecchia ha un viso diverso. Quello che conta è che tu non conti.
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