Lunedì, 27 aprile
La fase due annunciata domenica in tv da Conte ha sollevato un vespaio incattivito. La cattività prolungata, unita alla delusione per le riaperture risicate, fa montare la rabbia. Nessuno sembra prendere in considerazione il fatto che il contagio sta scenpmando, ma il virus non è debellato. Riaprire tutto adesso porterebbe a far riardere la pandemia, molti altri morti, nuovo lockdown stretto. Non è una posizione popolare. Stando molto a casa, tutti si attaccano alle parole e passano ore a sezionarle in polemica con il governo. Penso che la sintesi, al di là delle definizioni, sia semplice: evitate il più possibile le occasioni di contagio per voi e per i vostri cari. Usate tutta l’intelligenza e il buonsenso che avete.
Martedì, 28 aprile
Oggi a Roma, sorpresa: hanno riaperto i fiorai. Non ho resistito e ho comprato un mazzo di anemoni. A 15 euro. Nel frattempo che crescevano, i fiori si sono anche impreziositi, evidentemente.
In Germania riaumentano i contagi, pochi giorni dopo la fine delle restrinziini. In Francia, dietro front, le scuole non riaprono più.
Nel mio andare e venire da Aifa noto che Roma è un brulicare di cantieri. A Villa Borghese i giardinieri si danno da fare, sotto casa mia in due giorni ben due interventi di manutenzione. In generale, ci sono strisce dipinte di fresco, strade asfaltate da poco, fontane ripulite, cassonetti sempre vuoti. So che è di moda criticare tutti e tutto, ma invece mi pare che la città si stia dando da fare.
Mercoledì, 29 aprile
Tra le riflessioni di queste settimane, una delle più ricorrenti è “non mi lamenterò più di quello che ho, perché in un attimo potrei perderlo”. La libertà di uscire, di viaggiare, di incontrare gli amici. Il piacere della passeggiata in Feniglia. La prospettiva di rivedere mia figlia, riabbracciarla quando? I mesi senza i fiori. Il caffè al bar. La camminata a Villa Ada. Progettare una vacanza. Andare in macchina in due persone. Sembrava la normalità, anche un po’ noiosa. E invece. Dunque, invece di coltivare il rimpianto, che pure è insopprimibile, meglio concentrarsi sul buono rimasto. Perché niente è scontato. La vita che abbiamo va accarezzata e tenuta stretta. Viziamoci di quello che abbiamo.
Oggi -chiaramente- Luisa filosofa.
Giovedì, 30 aprile
Stamattina Conte ha parlato alla Camera. Una mezz’ora di schiamazzi da bambini delle medie, prima di farlo cominciare. La Lega in grande affanno politico occupa l’Aula in solitaria. Poi si mette a contestare il Presidente del Consiglio senza mascherina, incurante delle distanze fisiche più che rispettate. Miopia sgangherata e, penso, autolesionista.
Stasera cena a distanza con Flaminia, subito dopo ‘Ottoemezzo’ dove c’è Nicola Magrini. La notizia che è tornato negativo migliora l’orizzonte lavorativo.
I numeri sono benevoli, ma la babele delle Regioni viene completata con quella dei sindaci. Fughe in avanti e frenate brusche fertilizzano confusione e disorientamento.
Chiarissimo, al contrario, l’impatto del coronavirus sui prezzi di frutta e verdura: +14% la frutta, +24% per gli ortaggi nei supermercati nazionali nel periodo compreso tra il 16 marzo e il 12 aprile 2020 secondo Ismea/Nielsen.
E, parlando di speculazioni, a quanto pare i prezzi delle case di vacanza a Fregene sono triplicati. Casomai non si potesse uscire dalla Regione in estate.
Venerdì, 1 maggio
Un primo maggio strano. Così, senza manifestazioni, senza concertone, senza i dati del traffico per le gite e i pic nic. Oggi si parla (finalmente) della quasi a senza delle donne in posizioni di rilievo nella gestione di questa crisi. Situazione della quale ho scritto almeno tre settimane fa. Per dire che era lampante già da parecchio. Ma è una tendenza avviata da un po’. Le donne sono scivolate giù dalla catena di comando, dove in poche e in modo precario si erano arrampicate a fatica e lentamente negli ultimi decenni: poche ministre, poche direttore, poche dottoresse contano. E tutte, senza eccezione, nei titoli dei giornali vengono chiamate per nome. Svalutante in modo sottile, ma inequivocabile.
Sabato, 2 maggio
Corso Trieste come un sabato normale. Io sono uscita prestissimo e immediatamente rientrata. Gli indicatori positivi dovrebbero inconraggiarci a resistere, non a mollare. Così non sembra. E le indicazioni del governo tendono troppo al dettaglio per essere efficaci. Non ci si può avvitare cercando di comprendere ogni caso di specie. Così sarà facile trovare scappatoie. L’indicazione deve essere chiara e comprendere il particolare in un quadro razionale in cui sia chiaro l’obiettivo: combattere i contagi, L’atteggiamento, invece, sembra quello dei bambini che cercano di farla franca con gli insegnanti. Penso alla cima del El TeleferiQo sul vulcano Pichincha, e vorrei essere lì.
Domenica, 3 maggio
Estate piena. La preoccupazione maggiore è per la riapertura, sebbene sia assai parziale. Confido nel buonsenso generale. Anzi, voglio confidare. Se non c’è responsabilità individuale andiamo a sbattere. Io non cambierò le mie abitudini.
Nella mia breve passeggiata ho notato tanti bar, ristoranti, pasticcerie con le saracinesche a metà. Nei locali sul retro si intravedevano i preparativi per la riapertura d’asporto. Anche solo gettando uno sguardo si percepiva il fervore della ripartenza, l’eccitazione di tornare al proprio lavoro, il desiderio di prepararsi a fare bene. Non sono una patita del cibo comprato, ma sosterrò il più possibile questi sforzi.
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