Lunedì, 6 aprile
La notizia di giornata è che il mio capo in Aifa è positivo al virus. Organizzo subito un comunicato stampa. Meglio la chiarezza che le voci. Però, noi che abbiamo avuto contatti (un po’) ravvicinati con lui, a casa in isolamento. Domani faremo il tampone e sapremo meglio. Stato d’animo contrastante. In parte rassegnato, con punte di scoraggiamento. Essere positiva senza sintomi e immunizzarmi sarebbe il massimo. Con questa notizia, anche il lunedì si è uniformato a sabato e domenica e non lo distinguo più.
Al lumicino il dialogo maggioranza e opposizione. Nuove iniezioni di denaro e fiducia dal cdm.
Boris Johnson intanto è andato in ospedale con la febbre alta. E poi nella notte in terapia intensiva.
Martedì, 7 aprile
Oggi è la Gionata mondiale della salute. E anche Il giorno del tampone. Ci colgo una ironia. Scrivo queste righe alle quattro di notte. Non sono rilassata. Scruto in cerca di sintomi. Mi pare di avere il naso che si sta per chiudere. La febbre me la sento, ma per ora sono fresca. Non è semplice. Sento odori e sapori.
Mi sono avviata con grande anticipo, la bocca dello stomaco contratta. La procedura è snella. Ci si mette di più ad arrivare al Santa Maria della pietà che a fare il test. C’è una fila di macchine che si snocciolano davanti ai medici e infermieri. I tamponi li fanno direttamente dal finestrino. Meno di cinque minuti e si riparte. L’umore oggi ha preso una bella stranita, nonostante lo yoga. Non vado nemmeno a salutare il mio amico Giuseppe, che lavora qui. “Oggi non sono Miss simpatia”, mi sono sottratta. Tornando a casa, mi fermano i carabinieri. Molto gentili, uno mi ha fatto l’interrogatorio -più una intervista, in verità – su come funziona quando fanno il tampone, che attendibilità ha il test, se lo devo rifare ecc ecc. Si vede che la mia patente lo aveva convinto. Non mi hanno nemmeno chiesto la famosa autocertificazione.
Contagi in calo.
Mercoledì, 8 aprile
La giornata striscia in attesa del risultato del tampone. Doveva arrivare alle 15, poi alle 19.30. Non è semplice scandire minuti e trasformarli ore per confezionare una intera giornata. Nel frattempo ti chiedi e ti esamini. Parli con il virus. “Sei nel mio corpo? E dove? Che mi stai facendo?”. La parete tra sintomi reali e sintomi immaginari è sottilissima. Il test è negativo. La quarantena resta. Quattordici giorni dall’ultimo contatto. Chiusa fino a venerdì 17 aprile. Altri test probabilmente necessari. Solo quando ho avuto la notizia mi sono resa conto di quanto ero tesa.
L’Europa intanto borbotta invece di cantare. L’Olanda mercanteggia con voce stridula (dietro si sente la Germania suggerire). Saranno sacrifici generali dopo tutto questo.
Ancora giù i contagi. Mentre la gestione della emergenza in Lombardia suscita parecchi dubbi. Soprattutto per le case di riposo, trasformate -a quanto pare- in bombe mortali.
Giovedi, 9 aprile
Un altro giorno è passato. Anzi, è volato. Come? Non saprei. Allenamento, rassegna stampa, telefonate, risolvere cose, prendere appuntamenti (non miei), le famigerate conference calls, un occhio alle piante che crescono sui balconi.
Si discute sulla fase 2, la riapertura graduale e parziale. A regioni? Nazionale? A comparti? Certo, non subito. La paura che le,persone se ne vadano in giro a Pasqua e Pasquetta spinge il governo a intensificare i controlli per i prossimi giorni. In ogni caso, come buonsenso detta, non prima del 4 maggio.
L’euro gruppo pare aver raggiunto un faticoso accordo: bond europei e no a condizioni per il Mes. La parola al Comsiglio europeo, adesso,
Venerdi, 10 aprile
Conte va in tv e fa una sfuriata epica contro tutti. In parte giustificata, non dico di no. Ma, come sempre accade, forse il potere e lo stress portano a reazioni poco meditate. E poco utili al Paese. Lo scenario disegnato oggi è molto brutto. Un tutto contro tutti che non giova e un rapporto con l’Unione europea da verificare.
Nel mio piccolo, giornata di consegne a domicilio. Mio fratello, ormai eletto badante dell’anno, mi ha portato la spesa base, Ottavio frutta e verdura. Non è arrivata la Easter box, sulla quale contavo. (È arrivata sabato, per fortuna).
Sabato, 11 aprile
Giorno nove della mia personale quarantena. Le persone, invece, non stanno a casa. Non c’è quasi nessuno dei miei amici e delle mie amiche che non abbia trovato una scusa (o più scuse) per uscire. Magari accompagnate da invettive contro gli altri che escono. Sono discorsi surreali. Camminano per strada, conversando con me, e se la prendono con chi è fuori. Sono basita. Curioso fenomeno, il “per me non vale”, lo studieranno gli psichiatri.
La preoccupazione per l’esodo da week end pasquale è quindi assai concreta. E giustificata.
Con la primavera, studiare il balcone è un rito quotidiano consolante. Con la tazza di caffè, osservo ogni singola fogliolina crescere, i gerani sbocciare. Ho seminato il coriandolo ed è germogliato. Il basilico nuovo sta bene e presto potrò profumare i pomodori. Con gli amici parlare delle nostre piante ci accomuna.
Domenica, 12 aprile
Flaminia ha un po’ di febbre e tanto mal di testa. Il tempo, per me, è sospeso.
In Italia calano i decessi. A quanto pare noi faremo di nuovo il tampone giovedì. Il medico della Presidenza del Consiglio mi ha scritto o telefonato quasi ogni giorno per informarsi della mia salute. Molto attenti.
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