Lunedì 30 marzo
La settimana comincia con Victor Orban che ottiene dal parlamento ungherese (lo scrivo volutamente minuscolo) pieni poteri senza limiti di tempo. È per l’emergenza sanitaria, dicono laggiù. Governerà per decreto senza limiti di tempo e, tra gli inasprimenti, ci sono pene severe per chi diffonderà fake news. Sappiamo bene che rapporti complicati ci possono essere tra bufale e critiche non gradite. Un vero paese europeo.
In Italia si comincia a parlare di ripresa, un misto di speranza di mettere il naso fuori casa e la prudenza di dipingere scenari economicamente apocalittici. Le persone non devono pensare che usciranno di casa nello stesso mondo che hanno lasciato. In ogni caso, non credo (opinione tutta personale) che qualcosa riaprirà prima del 4 maggio. Fossi un governante, sigillerei con buonsenso imperativo ogni spiraglio per gite fuori porta, ponti, weekend qui e lì, abbacchi e colombe conviviali.
Martedì 31 marzo
Il sole giova all’umore. Mi sono appassionata a questa app di yoga e ormai non posso più vivere senza. Il corpo ne è soddisfatto, si allunga e si flette (relativamente). I semi che ho piantato un paio di settimane fa stanno germinando con mio estremo orgoglio.
Molto meno bene i piani per il matrimonio di Flaminia, costretta a rivederli senza certezze. I ’se’ si moltiplicano senza ancora mai sfociare in un concreto indicativo. Navighiamo a vista e lanciamo dadi.
Il virus dà segnali di indebolimento. Questo attizza il desiderio generale di allentare la guardia. Ma se lo facciamo adesso, rischiamo di vanificare queste lunghe settimane passate.
Conte a Merkel: scriviamo pagine di storia, non di economia. La sintesi
Mercoledì 1 aprile
Non è giornata di scherzi. In giro c’è gente. Troppa. “Solo una passeggiatina, si può fare,no?”, il ritornello dell’autoindulgenza. Ma come far capire che tu esci a fare una passeggiata solo perché io resto a casa? E che se tutti facessero quel ragionamento, staremmo come a via del Corso un sabato mattina dei tempi andati? Pare impossibile che le persone siano così miopi. Rischiamo di vanificare tutti gli sforzi e i sacrifici per “un giretto”. A dirla tutta, non ha aiutato la precisazione del Viminale per la quale un genitore può uscire con un bambino e si può fare jogging vicino casa. Il calo della tensione è evidente al governo e Conte interviene in serata per serrare i ranghi: cani, bambini e altre amenità non sono un passaporto. Mi ha colpito l’iniziativa di alcune grandi aziende di modificare i loghi all’insegna del social distancing: gli archi di MacDonald si sono separati, i cerchi di Audi anche.
Episodio destinato ad alimentare ansia e rabbia, il sito dell’INPS andato in tilt, con attacchi hacker e bugs sui dati. Certe volte è difficile distinguere mito e realtà.
Giovedì 2 aprile
Mentre i supermercati di quartiere sono circondati da lunghe file, quelli del centro sono deserti. Pensati per uffici e turisti, in questo periodo languono. Quando esco da AIFA, dunque, faccio la spesa a via del Tritone tra scaffali pieni e corsie vuote.
Calano i contagi, ma il numero di morti resta ancora elevato. Il governo versa 200 miliardi e assicura sostegno. La burocrazia prova come sempre a frenare l’azione, ma spesso esce sconfitta. Mi chiedo se questa scossa brutale non possa lasciare uno strascico di agilità sui meccanismi farraginosi che ispessiscono la vita economica di questo paese.
La lite tra Regione Lombardia e governo mi fa cadere le braccia. Vivere e amministrare in chiave elettorale costante non è una buona idea.
Borrelli ipotizza la riapertura a metà maggio. Psicologicamente poco sagace. Subito smentito o, forse, corretto.
Venerdi 3 aprile
Vado in Aifa tutti i giorni e finora non mi mai fermato nessuno. Oggi c’era un posto di blocco proprio sotto casa mia, ma mi hanno snobbato. Gente in giro non ne vedo troppa. Però le immagini parlano di altro.
L’altalena tra buone notizie, bufale e allarmismi vola. Parliamo del vaccino cerotto, testato a Pittsburgh sui topi (che però. Spontaneamente, il coronavirus non lo prendono…). Parliamo, anche, dell’allarme sull’aria: c’è una tesi che sostiene che il virus si libri vivace per molti metri e per molto tempo. Alcuni consigliano di tenere la mascherina anche in casa. Vabbè. L’apoteosi dell’allarmismo.
Io mi godo il sole finalmente primaverile e tengo tutte le finestre spalancate.
Sabato 4 aprile
Penso che non uscirò mai di casa anche questo week end. Butterò la spazzatura al massimo, quando verrà Ottavio a portarmi la frutta e la verdura della sua campagna.
Quale sarà la prima cosa che farete quando saremo di nuovo liberi? La domanda serpeggia come speranza un po’ ovunque. Io non so rispondere. Sono ben consapevole che il mio desiderio principe, rivedere mia figlia, dovrà aspettare ancora tanto tempo prima di essere esaudito. Il resto della liberazione impallidisce. Ma, se dovessi dire cosa mi manca nel futile, è un mazzo di fiori da mettere sulla tavola.
Oggi meno morti (680, sempre tantissimi, ma meno). Cerchiamo di sperare.
Domenica, 5 aprile
Il tempo vola e non so come. Questa segregazione mi avvolge senza stritolarmi. Mi sa che sono una mosca bianca. Mi sono abituata al silenzio. Il silenzio del sabato sera e quello della domenica mattina.
Dall’alto seguo le storie delle persone fermate dal doppio posto di blocco, pattuglie nei due sensi di marcia. Controllano tutti, davvero tutti. Nessuno si ribella o innervosisce. Anche se, leggo, i furbetti sono troppi. Ma se non restiamo a casa non usciremo mai.
Le ipotesi di riapertura accavallano date e possibilità. Riaprire per il bene dell’economia, certo. Ma, possibilmente, evitando di dover tornare sui nostri passi e ricominciare da capo. Come accade in Cina. Siamo ancora lontani.
Per la prima volta, oggi ho lasciato le finestre aperte tutto il giorno. L’inizio del lock down concedeva solo un paio d’ore a metà mattina. L’estate ci aiuterà.
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