Mia figlia vive nel Regno Unito da sette anni. Per incontrarci sempre più spesso vado io a trovarla poiché in Italia lei si sente estranea e lontana dai suoi coetanei, modi di vivere, pensare, essere. Questa, però, non è la storia che voglio raccontare. Magari un’altra volta.
Dopo anni, quindi, di frequentazioni e soggiorni Oltremanica, trovo del tutto fuor di luogo il dibattito sull’uso dei contanti vs le monete elettroniche, di qualsiasi genere siano.
Tempo fa, agli esordi del mio pendolarismo affettivo, mi premuravo di fare approvvigionamento di sterline. Con le quali regolarmente tornavo in Italia. Oppure lasciavo a mia figlia come regalia. Perché lì i contanti servono a poco. Anzi, ti guardano anche un po’ strano quando sfoderi la banconota. Anche per pagare, chessò, una mela.
Forte dei primi insegnamenti, ormai sono anni che non penso nemmeno a cambiare contante. Si vive benissimo senza mai toccare un coin. Anzi, direi che si vive meglio,
In Gran Bretagna si paga tutto con le carte. Fino a qualche tempo fa, per la metropolitana di Londra bisognava comprare la Oyster Card, che andava poi ricaricata. Adesso basta avere una carta contactless che i tornelli si aprono. Non importa che Brexit sia alle porte, qualunque carta funziona da abracadabra.
Il contante fa un po’ cafone, oserei dire.
A quanto pare, lassù hanno brillantemente risolto il problema delle commissioni, che dovrebbe gettare sul lastrico gli esercenti nostrani. Tanto che, appunto, anche una piccolissima spesa si fa con la plastica.
Mi domando perché tante resistenze, qui da noi. Anche per chi lavora a contatto con il denaro, le carte comportano più sicurezza, più ’pulizia’. Mi pare.
A occhio e croce, quindi, direi che si tratta di un problema di mentalità. Certo, il contante compare e scompare, si muove in modo talmente fluido che può far perdere facilmente le sue tracce. Però, l’evasione quotidiana è così popolare? Oppure le commissioni sono così ingenti? L’antitrust da tempo ha messo bene in chiaro che non ci possono essere costi aggiuntivi per l’uso di carte di credito e affini. vuol dire che in tanti hanno scaricato sul consumatore l’onere aggiuntivo. perché non è così raro vedere nelle piccole rivendite cartelli che, con sprezzo della legge, annunciano che sotto un certo importo (variabile) il cliente che vuole utilizzare ’la plastica’ deve versare un obolo di entità x. Mi è capitato di obiettare, ricevendo in risposta braccia allargate e occhio di pesce: le commissioni ci strozzano.
Non so chi abbia ragione. So però che altrove, europei e non, questo non è un problema e la soluzione è stata trovata. Si-può-fare, potrei dire, parafrasando un celebre film. Con la consapevolezza che cambiare la mentalità è poi difficile che cambiare una norma. Ce la faremo a capire che lo stato siamo noi e rosicchiare qualche monetina oggi e domani vuol dire erodere il futuro di tutti?
L’evasione fiscale non è forse il peggiore dei mali che affligge questo Paese, però è di sicuro indizio di scarso rispetto per la comunità, un atteggiamento che poi si riflette sui comportamenti quotidiani, rendendo peggiore la vita di tutti. Lo stesso che spinge i romani a lasciare la loro spazzatura per terra anche se i cassonetti sono pieni o a trasportare in strada materassi, divani e altri cosiddetti rifiuti ingombranti per non fare lo sforzo di portarli all’isola ecologica o di chiamare l’Ama che li viene a prendere (gratuitamente).
Pagare le tasse non è da sciocchi o da ingenui. Pagare le tasse fa del bene a tutti, ai nostri figli in primo luogo che, magari, trovandosi a vivere in uno Stato più sano -economicamente e moralmente-, avrebbero maggiori certezze e più possibilità di imbastire un futuro non precario, immaginando di arrivare, meraviglia delle meraviglie, anche loro alla pensione.
Ciò detto, mi pare ovvio che accapigliarsi sulla soglia dei due o tremila euro di contanti possibili, ha poco senso. Solo il ‘nero’ genera ‘nero’. E poi il rosso allarmato dei conti dello stato. La plastica delle carte è l’unica che fa bene all’ambiente.
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