Non vedo e non sento. Ma parlo. A Verona succede così, i sensi si dissociano l’uno dall’altro e ciascuno va per conto suo. Dimenticando la coscienza e i valori, che con tutta evidenza sono indaffarati altrove. Accade così che alcuni, a cominciare dal sindaco della città (non lo nomino, non mi va), non abbiano udito i cori razzisti e i fischi ai danni di Mario Balotelli. E che il capo degli ultrà, Luca Castellini, si senta in diritto di dichiarare serafico che il suddetto Balotelli “non sarà mai del tutto italiano”, pur essendo nato e vissuto in questo paese. Però, no, non si tratta di razzismo, ma di “folklore”, perché perfino lì, nel Veneto profondo, “abbiamo un negro (ha detto proprio così “negro”) in squadra e quando ieri ha segnato tutta Verona lo ha applaudito”. Bontà loro. Mi domando cosa facciano, o farebbero, quando non segna, il povero calciatore senza nome se non quello del colore della pelle. Persino la Figc decide di derubricare l‘accaduto e relegare la discriminazione alla stregua di un siparietto di pochi scalmanati. E ignorare con sovrana indifferenza la provocazione dell’ultrà che, certo dell’impunità, in una frase si fa beffe in un colpo solo di valori, istituzioni, costituzione, civiltà. Un bel record. “Che mi fanno se chiamo uno negro? Mi viene a prendere la commissione Segre? Mi vengono a suonare al campanello?”. Ecco, questo sfoggio di tracotanza consapevole appare il peggior segno. Perché la sua non è ignoranza, appunto. Ben sa, questo signore, quanto accaduto in parlamento sulla commissione contro l’odio razziale. Non vive nelle caverne in compagnia di lupi e orsi. Con poche parole, il signore si è auto assolto, nemmeno difeso, insultando e deridendo i valori fondanti della Repubblica e anche della convivenza civile. Il suo comportamento sta facendo il giro del mondo, sportivo e non. E stupisce, ma forse non dovrebbe, che la condanna non sia unanime. Gli episodi di razzismo non sono rari nel calcio come nella vita. e infatti non è un problema da stadio, ma di vita. E dalle classi dirigenti, dagli “esempi”, ci si aspetterebbe maggior senso di responsabilità. Le strade dell’odio e del razzismo non portano mai in bei posti -la storia ce lo dice- e andrebbero chiuse con fermezza per evitare che altri, prima pochi, poi probabilmente molti, si facciano male. Non spostiamo il confine dell‘inaccettabile sempre un po’ più in là. La storia della rana bollita si fa parabola, evitiamo di abituarci senza reagire. Vanno presi provvedimenti fermi e inequivocabili. Queste non sono regole di gioco. In nessun campo devono essere valide. E se qualcuno non ci sente o non ci vede, ci sono medici a disposizione.
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