Chi, come me, pensa(va) che alle Galapagos il tempo sia sempre bello sbaglia grossolanamente. Chi, come me, è (era) convinto che all’equatore freddo non possa fare mai, è del tutto fuori strada. Quindi attenzione a fare i bagagli. Io, per esempio, incurante dei suggerimenti, ho portato magliettine e pantaloni leggeri, e solo per scrupolo, un maglione. Mal me ne incolse. Mi sono dovuta attrezzare con urgenza in loco con felpe griffate tartarughe e boobies. L’abbigliamento del turista sprovveduto.
Perché qui, ora come ora, può fare le quattro stagioni in un attimo. Ma anche cambiare completamente abito nel corso di 5 chilometri: basta superare una curva che si passa dalla nebbia fitta, umida e gelida, al sole cocente. Con relativo sbalzo di temperatura. Così bisogna premunirsi e avere sempre a portata di mano il costume e la giacca a vento, felpa e asciugamano. L’atmosfera e. Omuqneu quella di alta montagna in estate.
I primi giorni non finivo di sorprendermi e sono più volte rimasta spiazzata dalla mutevolezza di carattere di queste isole. Però basta farci l’abitudine. Al El Progreso, la Reserva dove sto io, si vive con la testa tra le nuvole. Ci ho messo un po’ a capire, ma quella non è nebbia, sono proprio nuvole. Come in aereo, a un certo punto, scendendo in città, atterri in un altro clima.
Mettiamo, per esempio, una volta. Mattinata in spiaggia: sole e vento caldo. Giornata ideale quindi per andare nel pomeriggio al vulcano el Junco, per il quale è richiesta una certa visibilità, altrimenti è inutile. Ecco. Appunto. Arrivati al vulcano, nebbia che si taglia con il coltello, che per spiegarlo basta guardare le foto.
El Junco sovrasta San Cristobal. Queste isole sono nate da e con i vulcani, le lave pietrose si buttano a mare praticamente ovunque e offrono ricovero naturale a sea lions, granchi, iguane e quant’altro, che ci si cullano inconsapevoli -forse- di vivere in paradiso.
Anche per loro ci sono segnali dedicati. Il primo comandamento prevede di restare sempre almeno a due metri di distanza dagli animali. Talvolta non è facilissimo con i sea lions che si appropriano di vialetti, imbarcaderi e altri spazi comuni, si piazzano sotto le panchine o in mezzo alla strada. L’importante è non toccarli o accarezzarli
Rispettare le distanze significa rispettare l’equilibrio dell’ambiente e contribuire a mantenere questo posto così com’è. Che non è male davvero. Inoltre, non guasta evitare i droni, casomai a qualcuno venisse in mente di portarsele uno, non accendere fuochi, non campeggiare, nè sporcare (ma le bottiglie di birra le buttano eccome, però). Vietatissimo fumare e, in effetti, qui non fuma quasi nessuno. I divieti sono molteplici, ma posti con una certa grazia accattivante e i risultati si vedono.
E poiché siamo seduti sui vulcani, alle Galapagos il pericolo tsunami è dato per scontato e previsto con razionalità. Tutte le spiagge hanno i loro segnali di allerta e le vie di fuga, sebbene talvolta siano così impervie da risultare quasi impraticabili. Ma insomma, speriamo che questi tsunami se ne stiano in sonno, insieme ai terremoti.
L’atmosfera di questo posto è davvero magica. Spesso, nel pomeriggio, dopo il lavoro me ne sto in spiaggia o seduta in un bar all’aperto e intorno a me vedo tre (almeno), se non quattro, cinque differenti specie di animali meravigliosi. Le tartarughe marine arrivano quasi in spiaggia, i sea lions sono ovunque e fanno a mezzi della spiaggia con le iguane, in testa sorvolano pellicani, frigades, boobies e altri uccelletti piccoli. Alcuni si tuffano a picco per pescare e riemergono dopo un po’, altri più pigri rubano il pesce ai sea lions. E allora si assiste a certe scenette! Quando non capita di vedere i maschi dei sea lions che litigano tra loro o cercavo di contendere lo scettro al maschio alfa che non ci pensa proprio a cederlo. Insomma, meglio che al cinema. Sarebbe proprio un peccato contaminare.
E tuttavia qualche segnale c’è. Superata la prima fila di costruzioni sul porto, quelle che fanno la facciata bella, dietro è tutto un pullulare di case e casette lasciate a metà. Tra i bellissimi murales, che sembrano un tratto tipico, svettano i ferri del cemento armato, pronti ad accogliere secondi piani. In alcuni lotti si lavora anche il sabato e la domenica, altri invece sono abbandonati con la natura che si prende la rivincita. L’impressione generale è di espansione contratta, che primo sembrare un non senso e invece è proprio così.
E che altro dire? Va menzionato il problema Wi-Fi che non va da nessuna parte. Perché, a quanto pare, è tutto affidato ai capricci (anche in questo caso) del satellite, che fa un po’ come vuole, si avvicina si allontana, si nasconde tra le nuvole. Ma anche quando ce la mette tutta con la buona volontà, più che qualche foto via whatsapp o su Instagram non si riesce a trasmettere.
Il paradiso ha il suo prezzo. E vale tutta la pena di pagarlo.
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