Una festa senza tempo, nella quale le generazioni si inanellano in maniera naturale e i riti seguono il ritmo del tempo, guardando un po’ indietro, un po’ in avanti. Famiglie e amicizie si mescolano con la naturalezza che viene dalle fondamenta e dalla cornice secolare. La casa dalle finestre rosse fa da catalizzatore, poggiata in mezzo a un giardino sontuoso senza sfarzo. Da oltre quarant’anni a luglio i pentoloni si svegliano allegri, i tavoli prendono posto sotto gli alberi e sul prato, riprendono ciascuno il suo vestito e meglio se non sono tutti uguali, sono protagonisti, mica soldatini in divisa. I preparativi sono laboriosi, ma cercheresti invano l’isteria del dilettante. Qui il segreto è l’armonia impastata di collaborazione e lievitata attraverso il divertimento e la passione. Ciascuno fa ciò che vuole e tutti vogliono contribuire alla bella impresa.
Succede a Ro ferrarese, un attimo più in là e sei in Veneto, il Po serpeggia accaldato, la storia si annida nei dettagli di una battaglia per il sale o nella citazione di un libro d’atmosfera, che sia Bacchelli o i Finzi Contini.
La festa, secondo me, parte giorni prima dell’arrivo degli invitati, un centinaio senza contarli.
Comincia con i preparativi che sono già festa. Niente parti in commedia assegnate, chi ce l’ha già la interpreta secondo il mood del momento, chi manca di ruolo se lo ritaglia senza che gli venga affibbiato un personaggio. Chi è contento di essere se stesso essendo qualcun altro, lo fa e tutti apprezzano. Così si va avanti a tasselli e alla fine è tutto perfetto, mai perfettino.
C’è la piscina dove scherzare, la vigna contromano che produce solo aceto sopraffino. E man mano si affollano il tavolo del prosciutto, il banco dei fritti e quello degli aneddoti. Il vino sembra preda di una magia, nonostante se ne versi a fiumi non è mai caldo e i bicchieri non conoscono carestia.
E poi, per smaltire i bagordi gastronomici, il menù della serata prevede dj e danze senza remore. I padroni di casa sono i più scatenati e finiscono per ballare sui tavoli. Le imprese delle feste precedenti sono affisse alle pareti, che ne hanno viste tante da non scomporsi mai. Il gran finale è sulle interpretazioni alcoliche di Va pensiero e nonostante stonature, mugolii, fuori tempo e fuori coro, sgorga che è un piacere.
Sembra che non possa esserci di più e invece al mattino la casa ti accoglie per un bagno, una chiacchiera, un bicchiere e un commento. Alla spicciolata la gran parte degli ospiti serali torna nella cornice troppo bella e accattivante per non destare già nostalgia. E allora la cucina dello stregone riparte a pieno ritmo con la sua musica di ragù e tagliatelle da 50 uova. Nel frattempo, si lavora all’unisono, il gioco di squadra è la polvere magica. Si contano le forchette, i bicchieri si rinfilano nelle loro scatole, piatti, pentoloni, teglie e tutta l’attrezzatura dell’ospitalità si ritirano soddisfatti.
Al prossimo anno. L’invito parte fin d’ora. Che magnifica attitudine.
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