Ci sono andata un po’ in catene, devo ammetterlo. Spinta più dall‘entusiasmo di mia figlia che dal mio. Vuoi il freddo indomito. Vuoi il tema, la Seconda guerra mondiale. Questo Bletchley Park, sebbene proprio dietro l’angolo di casa, per me avrebbe potuto aspettarmi ancora parecchio. Invece, alla fine la curiosità l’ha avuta vinta. E mi sono trovata in un luogo straordinario. Uno splendido parco immerso nella storia. Non un museo polveroso e supponete, ma un mondo carico di vibrazioni positive, di orgoglio e rispetto. Si respira ancora perfettamente il coraggio. Tra il 1939 e il 1946 a uesto é stato il cuore pensante della guerra, qui, gli inglesi, insieme agli americani, hanno decrittato i messaggi e le informazioni dei nemici.
Codici e cifrari da tradurre per salvare nazioni e ideali. Migliaia di persone hanno contribuito al risultato. Ciascuno consapevole soltanto del suo pezzettino di verità, ciascuno spendendo un giorno dietro l’altro per portare l’acqua al mulino di tutti. I motociclisti arruolati sfrecciavano nel bello e nel cattivo tempo con i dispacci, i telegrafisti sempre affaccendati con il Morse e i suoi simili. Due terzi delle persone che lavoravano a Bletchley Park erano donne. Le loro testimonianze e le loro foto alle pareti, le voci ormai gracchianti dall’età come vecchi sistemi di comunicazione raccontano nei video proiettati.
Perché qui, quelle persone ci vivevano proprio. Niente case a cui tornare la sera, ma dormitori e piccoli cottage disseminati nel parco. C’erano campi da tennis per il tempo libero, raggi ultravioletti per chi lavorava di notte, la biblioteca per gli instancabili. E il meraviglioso laghetto, naturalmente, ghiacciatissimo d’inverno per pattinare e d’estate per due chiacchiere con i pennuti autoctoni. Piccole distrazioni in un periodo che oggi appare eroico, ma che nella quotidianità si manifestava come estrema fatica e tensione, il disagio di non sapere come andrà a finire.
Passeggiando qua e là é molto facile immaginare la vita della collettività. La stanchezza, gli scherzi, gli amori che inevitabilmente saranno nati, le preoccupazioni, la gioia dei risultati, la paura nelle sconfitte.
Qui sono stati decifrati i codici dei segreti tedeschi, nel fitto fumo di sigarette. Il bandolo della matassa di Enigma (vedere la storia di Alan Turing e anche The imitation game, semmai) è stato trovato tra queste mura.
Adesso l’atmosfera è ancora in piedi. Ad alimentarla, disseminati nei punti nevralgici, un gruppo di “giovani pensionati”, anche galanti se vogliamo, dimostrazione che in altri paesi è possibile ritirarsi prima di quota 100 anni. Con l’allegro zelo di chi fa un lavoro per passione e non si deve preoccupare, raccontano storie, spiegano processi, danno dimostrazione pratica, per esempio, di come funziona un satellite per le comunicazioni. Io ho anche parlato con un tizio italiano, che trasmetteva da una macchina in mezzo al nulla. Che cosa e perché, in verità, non l’ho saputo appurare. Però é stato interessante lo stesso. E ci tornerò anche, perché il biglietto vale un anno e d’estate le prospettive saranno di certo ancora più luminose.
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