In un week end dedicato quasi completamente a radici e famiglia, un po’ di cultura non guasta. Anche in omaggio al fatto che Palermo è la Capitale della cultura 2018. Dunque, le Vie dei tesori. Anche perché i tesori sono disseminati qua e là, sono ben 130 e non c’è pericolo di non accorgersi che ci sono.
Per fortuna, nonostante previsioni disastrose, il tempo mi ha sorretto. Devo dire, a posteriori, che questi meteo sono assai approssimativi. Tutti e tre i miei weekend in giro dovevano essere funestati da maltempo a tempesta (per rimanere in tema) e invece ho immancabilmente trovato varie sfumature di sole. Non mi lamento, ci mancherebbe, ma meraviglia la preveggenza poco professionale. Perché, in modo evidente, di preveggenza si tratta, visto che la scienza si comporterebbe con maggior rigore.
Vabbè, torniamo alle Vie dei tesori.
Insomma, ne ho visitati tre (quindi me ne mancano 130, sono a buon punto) Che è meglio di niente, suvvia.
L’organizzazione della kermesse è ottima, si comprano i coupon, prezzi modici e il tessuto è tutto affidato ai ragazzi, che fanno così la benedetta alternanza-scuola lavoro, di qualunque utilità essa sia. Alcuni di questi studenti-guida non hanno nulla a che vedere né con Virgilio nè con i suoi epigoni. Anzi, sono proprio capre rubate ai prati. Altri invece mostrano attività cerebrale e, in alcuni casi, perfino senso dell’umorismo.
Darei zero spaccato a quelli del Palazzo delle Aquile. Perché ci sono andata, visto che è certamente uno dei meno belli? Il solito, inestirpabile, amore perverso della politica.
E dunque sono salita in una piccola copia di Montecitorio. Con l’ala dedicata ai gruppi, la buvette (c’è scritto bouvette, ahimè, e invano ho cercato di spiegare che è un errore. Non c’è stato verso) e l’aula. Ecco, l’aula mi ha emozionato. Leggere le targhe dedicate ai martiri di mafia ha il suo impatto emotivo. Il rispetto per il dolore della storia, per le persone che hanno combattuto per un posto più giusto e hanno anteposto questa battaglia a loro stessi. Cose di gente migliore. Cose che i ragazzi scelti per accompagnare i visitatori non hanno colto. Peccato.
Molto meglio invece la Cripta di Sant’Orsola, scoperta -per caso- solo nel 2008, nonostante la chiesa soprastante sia stata bombardata durante la seconda guerra mondiale e per consolidarla sia stato costruito un muro, che affonda precisamente nella cripta. Quando si dice non vedere oltre il proprio naso…
Macabra assai, eh, questa cripta, dedicata ad accogliere i cadaveri del quartiere dell’Albergheria. Parliamo del 1500-1600. Era il regno della Compagnia dell’Orazione della morte, altrimenti detta dei Negri, per via delle vesti scure, non per colorazione della pelle.
Lo scultore Giacomo Serpotta si è sbizzarrito a decorare la grandissima sala con teschi e scheletrì, tanto per rimanere in tema, salvo poi stender un pavimento a margheritoni che risulta un pochettino incongruo. Il ragazzo dell’alternanza scuola-lavoro qui si è entusiasmato e ci ha spiegato passo passo le fasi della colatura del sangue (che andava a finire, per inciso, nel fiume sottostante, utilizzato anche per bere, cucinare, lavarsi … un sistema infallibile per incrementare i clienti, mi pare), poi la putrefazione fino alla deposizione degli scheletri belli puliti in certe nicchie tipo cuccetta del treno con semplici cuscini in marmo.
Step che abbiamo accolto con sollievo prima di tornare alla luce del sole.
Dagli inferi allo splendore di palazzo Butera. Esempio magnifico di restauro sontuoso, intelligente, una mescolanza di rispetto per l’esistente con coraggiosi interventi moderni. Molto, molto meglio che rabberciare. Il corridoio sospeso sulla cavallerizza, per esempio. E il terrazzo sui tetti di Palermo. O il giardino pensile, ricco anche a fine ottobre. Per non snaturare, l’architetto si è spinto a seguire con un canalino di cemento le radici di un albero antico e ha lasciato come insolita colonna una pila di libri della vecchia biblioteca, così cementati tra loro da risultare inamovibili.
Tradunt che per comprare questo palazzo e quello accanto (non si sa mai che vicini potrebbero capitare…) il nuovo proprietario, Massimo Valsecchi, abbia venduto un singolo quadro. Poi lo ha rimesso a nuovo. Con altri soldoni. Ricchezze incommensurabili, spartite però con la comunità (almeno in parte). Non posso che apprezzare.
Perché é bellissima, e irresistibile, mi inchino alla Chiesa della Martorana, bizantina di alto lignaggio, parla d’Oriente, di altri culti, storie e tradizioni. A Palermo sta benissimo, integrata perfettamente.
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