Trovo Torino una città molto accogliente. Forse sono le persone che conosco che creano ogni volta una atmosfera di affetto tale da farmi sentire in sintonia. Queste volta, poi, hanno perfino preso a prestito due giorni di ottobrata romana, con sole caldo e cielo blu, resa più affascinante dalla corona di montagne.
Ho incontrato Anna e Barbara in un fortunatissimo viaggio in Madagascar, io con Flaminia, nel 2006. Eravamo partite noi due da sole, pensando a un tour “privato” e invece abbiamo trovato una bella compagnia e amici, senza dimenticare Leslie e Flavia, questa volta assenti, duraturi nel tempo.
E così nel weekend la “romana” è stata adottata, con trattamento in villa a Rivoli “cinque stelle vip” da Anna e Giorgio e condotta per le consuetudini dei torinesi. A parte dirò della Sacra di San Michele che merita una sua specifica attenzione.
E’ un piacere girare per vie e piazze, con la loro aria tranquilla e chic, che nulla concedono all’ultimo secolo trascorso. Di sgangherate chiassosità nemmeno l’ombra. Torino sorride ottocentesca, offre caffè e cioccolato sotto i portici.
E pure il Quadrilatero, distillato di gioventù e quintessenza della (moderata) contaminazione etnica, ha un suo nonsochè di contegno bon ton. Qui si respira aria curiosa e aperta, ma senza ostentare. I posti sono pieni, vetrine belle e locali restaurati con fascino. Niente musica a palla per strozzare la conversazione. Non senti ostilità, nonostante le raccomandazioni a tenere stretti gli averi.
La domenica -almeno, questa domenica- Torino si riempie di mercati, che fanno capolino nelle piazze e mettono a disposizione una versione sofisticata dell’autunno e delle sue creazioni. Le bancarelle -chiamiamole così, ma con un certo imbarazzo per la diminutio- sono organizzate per ingolosire gli occhi prima di tutto. E suggerire manicaretti. C’è lo stall della bagna cauda, tutti gli ingredienti in un colpo solo, quello delle zucche, i formaggi li trovi distesi per provenienza. Una tentazione continua per la mia finalmente ritrovata magrezza d’altro tempo.
C’è stile, diciamolo, nella tranquilla competenza di chi illustra i suoi tesori. Non sono imbonitori, nè cantastorie, sebbene alcuni siano vestiti del tutto inconsapevolmente, come per una rappresentazione teatrale di se stessi. Piuttosto che valli e le malghe da dove provengono ci. Ogni evidenza sembrano aver rinserrato in gesti misurati e parole altrettanto sintetiche le antiche arti contadine proiettate nel terzo millennio. Un occhio al nuovo. Dieci alla tradizione.
Niente a che invidiare perciò alla magnificenza di Eataly, che pure sprigiona tentazioni a raffica dal biscotto Krumiri Rossi del mattino all’ultimo distillato dopo cena. È sempre una esperienza e il solito gruzzoletto ce lo lascio…
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