E così, tra un po’, domenica libera per tutti. Negozi chiusi e famiglie riunite. Il settimo giorno ci si riposa senza eccezioni. Liberalizzazione addio. Questo sempre che il progetto di legge della Lega, incardinato il 6 settembre alla Camera, passi in via definitiva superando gli scogli del vituperato bicameralismo perfetto. I numeri, la maggioranza li ha. Il tempo, forse. La volontà l’ha ribadita Di Maio, innalzando questa riforma nell’Olimpo del cambiamento.
Ammettiamo che la legislatura vada avanti per i cinque anni previsti. La legge avrà una corsia preferenziale in nome dell’evidente urgenza di spezzare le catene che legano impiegati, commessi, proprietari e altre categorie disagiate al lavoro domenicale? Potremo vedere presto spazzata via la barbara ignominia delle aperture festive? Forse sì, forse no. Un giorno appare certissimo e imminente. L’altro, tutto assume contorni sfocati. Di certo, se prevalesse il sì, l’Italia sarà trasfigurata.
Tutti a casa, allora. Famiglie finalmente felici di trascorrere le ore di ozio insieme. Amici che si possono incontrare. Coppie salvate dalla crisi indotta dall’assenza domenicale di uno o di entrambi. I piccoli accoccolati tra le braccia amorevoli dei genitori.
Ecco arrivare le sospirate prime domeniche: speriamo che siano nella bella stagione. I parchi saranno presi d’assalto. Petit dejeuner sur l’herbe a schiovere. Democratici. Per tutti. Bambini che corrono felici, mamme e papà pronti con sontuosi manicaretti preparati nelle prime ore del mattino, approfittando del sollievo di non dover lavorare. Coppie mano nella mano. Biciclette, cani, palloni e, perché no, pattini, aquiloni, zucchero filato (ah no, quello no, è domenica non si può vendere). Ma vabbè…
Certo, al quinto pic nic, i bocconcini deliziosi si ridurranno, forse, proprio per i neo liberti a causa dello stipendio più magro. Il lavoro domenicale ingrassa la busta paga. E poi, tutti saranno più avveduti.
Dopo qualche settimana, avranno fatto l’abitudine ai supermercati chiusi. E certo, la spesa la dovranno fare la sera, arrivando più tardi a casa. E, certo, non insieme. Ognuno ha i suoi impegni, si sa.
Ma non fa niente. Vuoi mettere le gioie del tutto chiuso, ci dedichiamo a noi stessi e ai nostri cari?
Il primo giorno di pioggia… Al parco no. Centro commerciale, chiuso. Supermercato, abbiamo già detto. Cinema? Dipende dalla legge. Magari chiudono pure quelli. Perché, siamo onesti, non vorremmo discriminare maschere e cassieri… Musei? Idem. Gli italiani sono notoriamente appassionati di musei, vedremo lunghe file di divoratori di cultura. Be’, naturalmente per quanto riguarda i musei, la discrezionalità è dei direttori, secondo ultima disposizione. E quindi, ognuno per sè.
Un appuntamento al negozio di elettronica per scegliere insieme il nuovo gadget o l’elettrodomestico da sostituire, allora? No, no. Si sta insieme, ma a casa. Al massimo un bel programma TV che rilassa tutti. A patto di trovare l’unanimità sul canale. E con gli amici? Piazzetta? Sagrato? Precluso il giro con gli amici nelle vie del centro o nei mega store. Sarà di certo l’impennata (ancora) dei Social. Per la ripresa intellettuale. Anche l’economia se ne gioverà di sicuro. Meno soldi in tasca, meno spese, più disoccupazione. Perché, caro/a, mi eri utile per la domenica. Ora faccio senza. Guadagno meno, lavoro meno ore, tu, ex aiuto provvidenziale, non mi servi proprio più.
Oh, dimentivavo il colpo fiero al commercio dei piccoli negozi gestiti da bengalesi, pakistani, cinesi e altri stakanovisti sempre aperti e attenti ad ampliare la gamma di servizi festivi. Scagli la prima pietra chi non si è mai salvato in emergenza entrando in una di queste botteghe di millecose. Invece no, niente messa in piega nella pace domenicale, niente cenette organizzate all’ultimo, se le pile sono scariche si aspetta il lunedì e via discorrendo. E il solerte immigrato della porta accanto che farà? Anche lui al parco con i minori guadagni? O lo costringeremo a riprendere la via, come molti desiderano, lasciando buie quelle botteghe last minute che sicuramente resteranno in gran parte sfitte?
In compenso si irrobustirà il bengodi degli acquisti online. Il Satana del piccolo commercio avrà gioco facile nello stabilirsi nelle disorientate domeniche a saracinesche abbassate. Complice una noia politicamente scorretta, ma incredibilmente reale. Oppure possiamo sperare in un ritorno in auge dei circoli bocciofili, del ricamo e del lavoro a maglia? Non saprei, una inversione di tendenza dei tempi, una irresistibile retromarcia verso gli anni ’50-’60 è sempre possibile, sebbene storicamente poco documentata dai secoli che si ostinano a progredire. Alcuni dati di settembre non fanno ben sperare i fautori della decrescita obbligatoria. Secondo l’Istat le vendite online a luglio hanno subito una impennata del 13,6 per cento a fronte del calo del commercio tradizionale di 1,8 in volume, mentre la Confesercenti giudica il 2018 “un anno da dimenticare” per i negozi tradizionali. Ecco, impediamo loro di aprire che così può essere che non abbiano a soffrire una lenta agonia. Questo bel colpo di grazia è più pietoso. Oppure… oppure ci sarà il magico strumento delle deroghe, toccasana per cambiare tutto, ma con moderazione.
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