Dopo parecchi giorni di grazia intensa, l’ineluttabile si è compiuto. E’ comparsa una giornata no. Anzi, ni, a voler essere sinceri. Per la prima volta Booking.com ha fatto cilecca e ci ha condotto in un posto che non posso approvare. Taverna Ammoudi, si chiama. E si fregia di un 8 e spiccioli, ma è fasullo come l’inglese che parlano i suoi custodi. Il poveretto fa di tutto, ma stenta. Vicino al mare, ma non sul mare. Anzi incassato in una gola. Con una spiaggia sistemata in una insenatura ad alta densità e senza alcun fascino.
Bruttarella assai, insomma, nonostante le tamerici che affondano nella sabbia. Sotto gli alberi polverosi si è insediata una popolazione di tende con relativi optional di tavolini, sedie, cucine da campo e così via. Un camping spontaneo da far rabbrividire. Il biglietto da visita, ancora sulla strada, è una rete con teschi di capre o montoni, non saprei, a far da guardia. L’effetto, capirà bene chi ha visto almeno un western o un Indiana Jones, è poco rassicurante e pone i primi interrogativi.
L’albergo è spartano nel suo modo profondamente greco. Arredamento cheap, frigo che non chiude bene e sforna per forza acqua tiepidina, un nido dietro il condizionatore. Va bene che è una taverna di campagna, ma è come indossare un maglione ruvido a pelle. Senza wifi nelle stanze, non vorrei nemmeno dirlo… La vista dalla camera è un capolavoro: costone di pietre a pochi metri se alzi lo sguardo, parcheggio a guardare in giù. Del mare non si sente nemmeno il rumore. Bisogna andare sulla spiaggetta dei campeggiatori. La sensazione è di imbrattare il tempo a disposizione.
E poi la cena. Premessa: la cucina chiude alle 21. Roba da tedeschi, che infatti restano la clientela privilegiata. E d’altronde non è che ci sia granché da fare in quel di Ammoudi. Quindi, presto a tavola. Il cosiddetto ristorante è gestito in modo famigliare. C’è lui, il figlio, in sala. Un omone che volteggia con parole di inglese e italiano, ma soprattutto tedesco e un greco sillabato per renderlo più chiaro. Niente menu, of course. Siamo invitati in cucina per scegliere tra prelibati avanzi di chissà quando, ricoperti meticolosamente di pellicola ad uso alimentare… però mammina accetta di farmi un pesce arrosto. E, niente, non ce la fanno, hanno dovuto aggiungerci una quintalata di patate fritte…
Poi la notte è stata mite e la mattina la pietra si è animata di pecore in cerca di colazione che mi hanno svegliato a forza di belati e campanacci. E mi sono riconciliata con questo posto. Ho guardato il tramonto sul mare che scroscia che ha comunque il suo effetto terapeutico nonostante lo scirocco dispettoso. Il sole che si defila sott’acqua. E la seconda sera, una trattoria un po’ più su, cibo delizioso e atmosfera estroversa. E’ così che sono i viaggi, l’himprevisto fa bene comunque e collisa adattamento e umorismo.
In generale, tutta la costa lì intorno non è un granchè. Anche andando raminghi nei paesini vicini non ho trovato fiori all’occhiello. Di solito i greci stanno in buon equilibrio con il paesaggio. Ma in questa zona ristretta qualcuno si deve essere distratto e l’armonia e un po’ andata a farsi benedire. L’effetto generale e quello dei tanti lungomare, ristoranti a ripetizione, file di auto incatenate, caos e cose così, tutto il menù da cui scappare prontamente a gambe levate. Fatto.
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