Il ruolo ormai è consolidato. Sono mamma a distanza da ben sei anni. Ma non mi abituo mai. Anzi, ho recrudescenze periodiche del mal di lontananza. La sua progressiva ineluttabilità si fa spina di ogni giorno. So bene di non essere sola in questo destino. Mamme a distanza in italia ce ne sono assai. Alcune si inventano nuovi lavori per stare vicine ai figli almeno un po’ di più. Leggevo di quelle che hanno inventato il ristorante delle mamme a Londra e a rotazione vanno a cucinare le ricette delle loro regioni. Un business che le coinvolge con i figli e dunque l’obiettivo è raggiunto.
Non è il mio caso. Io mi arrabatto da anni tra aerei e orari per incastonare del tempo condiviso. E indosso a seconda delle necessità, anche repentine, la divisa da equilibrista, pattinatrice su ghiaccio, psicologa, fan, punchingball, migliore amica. Che poi, a ben guardare, sono abiti che mi stanno tutti benissimo.
Stare quaggiù con lei lassù non placa le ansie di mamma. Quindi, sono costretta a spiare sempre a distanza- la vita di mia figlia, utilizzando astutamente tutti i ritrovati della tecnologia. Salvo poi che quando mi tradiscono vado in risonanza e ci manca poco che chiamo la polizia.
Ho fatto telefonate a persone completamente sconosciute, solo per non averla vista connessa su fb o whatsapp per una (scarsa) dozzina di ore. Quando era più giovane, appena diciottenne all’Università di Lancaster, gli scenari apocalittici erano più frequenti. Soprattutto le sere in cui lavorava al pub del suo college e rientrava alle tre o le quattro di notte. È successo che mi chiamasse e stessimo al telefono per tutto il tragitto. Come se da Roma io potessi intervenire in caso di emergenza. Ma saperla poi finalmente a casa mi permetteva di dormire senza tutti quei mostri che venivano a visitare i miei sonni e fortunatamente non lei in carne e ossa.
Per una mamma a distanza che rispetti il ruolo, un raffreddore si trasforma in potenziale polmonite in quattro e quattr’otto. E sebbene io non sia una apprensiva sulla salute, qualche volta ho passato calvari personali non da poco.
Perché tra le caratteristiche della mamma a distanza c’è anche quella di voler essere leggera. Non si può, salvo eccezioni rarissime, intervenire con consigli e assistenze non richieste. Non si può telefonare ogni ora per essere edotte dell’andamento di una febbre. E nemmeno prendere il primo aereo. O consigliare l’immediato ricovero. Bisogna mantenere almeno in apparenza nervi saldi e compostezza. Affettuosa, ma non preoccupata. Presente, mai invadente. Ecco l’equilibrio. Ma una mamma non ragiona con l’equilibrio. Lo può recitare. Si possono affinare tecniche per suggerire o lasciar cadere perle di saggezza come per caso. Parlando in generale, per esempio. Enunciazioni. A patto di stare bene attenti, perché irritazione filiale è dietro l’angolo. E ti smaschera in un secondo se tradisci sentimenti poco decorosi.
Con gli anni le cose un po’ migliorano. Aiuta anche la app ‘Find your friends’, che nel mio caso si potrebbe chiamare ‘Find your daughter’. Non ne sono dipendente, ne riconosco i rischi impliciti, ma qualche volta, prima di stalkerare qualcuno, uso quella, che funziona un po’ da valeriana. Senza tenere conto degli scogli. Esami difficili, delusioni di amicizia e di amore, primi contatti con il mondo del lavoro. Ecco, il lavoro della mamma a distanza si moltiplica e si carica di chilometri, di occasioni impossibili, di abbracci vuoti, di lacrime non asciugate, di consigli poco sviscerati. La tela tessuta solo a maglie larghe.
L’arrivo di un partner ha contribuito a placarmi. A parte la leggera gelosia che ogni tanto mi attacca, sapere che c’è qualcuno vicino è un bel sollievo. Non sto a raccontare degli anni in cui usciva con persone raccattate qua e là senza referenza alcuna. O di quando andava a ballare fino al mattino. Brutti scenari notturni per me. Lo stupro, la droga nascosta nel bicchiere, la violenza, l’imprevisto anche più rocambolesco mi sono venuti a visitare in innumerevoli occasioni. Ed essendo io contraria a tutte le panacee chimiche farmaceutiche, in pratica è come si fossi operata senza anestesia più e più volte. Parliamoci chiaro, io ritengo di essere una madre molto fortunata. I nostri spazi costruiti sono pieni di progetti, risate, avventure e chiacchierate su ogni tema. Quando stiamo insieme il tempo non è mai sprecato.
E abbiamo anche il lusso talvolta del film sul divano, senza ansie da prestazione eccezionale. Passiamo lunghe ore al telefono, ci vediamo almeno ogni due mesi per un week end, Natale finora è stato preservato, ci scambiamo foto e pensieri. Mia figlia mi tiene dentro la sua vita volentieri e non ho bisogno di spingere per entrare. Quando mi spavento, mi rispetta e cerca il modo di farmi stare bene, pur senza rinunciare mai ai suoi programmi. Un atteggiamento sano che mi permette -talvolta, solo talvolta- di entrare nei panni della super ansiosa e di snocciolarle catastrofi possibili. Tanto sono sicura che mi ascolterà e proseguirà sulla via scelta. Meglio, perché così io ho la mia valvola di sfogo -a patto di non esagerare- contenta di sapere che lei non si fa condizionare.
Ancora difficile da digerire il suo lavoro. Perché, tra tanti, fa un lavoro pericoloso. E poichè la vedo sempre una bionda piccolina, questo è faticoso. Le farei da guardia armata, ma pare che non si possa. Le mamme non le vogliono a proteggere chi protegge. Una strana usanza inglese. A conclusione: essere mamma a distanza è un po più faticoso che essere mamma e basta. E però, io sono fiera delle scelte fatte, anche impervie. Perché i figli non sono nostri e non sono fatti per essere costretti. Il loro futuro deve essere libero e non impedito da gabbie di possesso o insicurezze. Noi genitori possiamo metterli nelle migliori condizioni, ma vicini o lontani, siano i ragazzi a prendere le vie giuste per loro.
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