In un primo momento avevo concepito questo post come ‘La lenta risalita verso Roma’. Visto come sono andate le cose, l’ho modificato in ‘Interminabile risalita verso Roma’. Non che ci tenessi a tornare, ma visto che si deve, ecco, sarebbe stato meglio un ritorno più breve. Tempo finale Sfakia-Roma 30 ore circa. Faceva parte del viaggio, l’idea di tappe di avvicinamento graduali. Queste, però, si sono colorite di piccoli avvenimenti imprevisti che hanno un po’ peggiorato, senza pero rovinare, il dna del tempo. Partenza da Sfakia a mezzogiorno. Senza farsi mancare un ultimo bagno mattutino nelle acque del villaggio, dove si incontrano -senza fondersi – correnti calde e fredde, ognuna restante sulle sue e sorridendo della sorpresa di chi si avventura.
La strada è tutta tornanti che sale in cima e scavalla poi a valle dall’altra parte. La Creta classica, montagne e mare, vallate intagliate nella roccia, verde (poco), marrone e blu.Tornare a Chania è sempre un piacere. La città invoglia a rilassarsi tra le stradine della città vecchia dove boutique raffinate si mimetizzano tra l’inevitabile paccottiglia e artigiani di antica tradizione resistono impavidi al made in china camuffato. In questi piccoli negozi si scopre l’evoluzione greca, di quelli che producono in qualità e hanno il piacere di offrire un lavoro ‘greco’ e ben fatto. Passeggiare tra i ristoranti del vecchio porto veneziano non è una esperienza aggressiva. Nessuno cerca di attrarre nella tela del ragno, il massimo è un sorriso. Proprio come nel centro di Roma, no? E nel frattempo ci si può concentrare con gli occhi che hanno parecchio da assorbire.
Tuttavia, restituita la macchina, andare in giro con una valigia pesante come ferro dopo un po’ stanca e quindi bus in direzione nave. Forse con un leggerissimo anticipo, visto che erano più meno le cinque e la Minoan partiva a mezzanotte. Magari, avevo pensato, un giretto al porto e una cenetta avrebbero aiutato a passare il tempo. Peccato che a Souda Port il paese apra solo in funzione delle navi Ergo niente di niente da vedere/fare. Nessun negozio aperto, bar come bettole senza fascino.da mercato delle pulci moderno. Eccoci allora a riprendere il bus per Chania -venti minuti- e barcollare sotto il peso dei bagagli fino a un parco poco lontano. Una bellissima scoperta. Fuori dalla città vecchi, frequentoto solo da cretesi, il giardino ospita un Caffè Greco, fondato nel 1870 e rimasto cristallizzato all’epoca. Molto fascino, si materializzano ologrammi immaginifici di crinoline e parasole, marsine e tube.
Ma è presto l’ora di fare di nuovo la spola verso il porto. L’attesa si restringe e viene ingannata dal traffico delle navi e dall’organizzazione greca per il carico e scarico merci e passeggeri. Tutto si svolge armoniosamente. Sulla banchina sono già allineate le motrici dei camion che, svelte svelte, entrano nella pancia del traghetto, agganciano il carico e se ne vanno verso la loro destinazione. Impressionante vedere come tutto fila liscio, un minuetto organizzato al millimetro. Dalle porte laterali, si allunga la fila dei passeggeri, prima nel senso della terraferma e subito dopo a ritroso, la nave inghiotte i nuovi venuti. Chi non ha cabina stende teli e coperte negli angoli ripagati, oppure si accaparra i lettini della piscina. Le cabine, invece, offrono lusso vero: frutta fresca, vino bianco e rosso, acqua ben ghiacciata.
E la mattina alle 7, eccoci al Pireo. Sono già trascorse 24 ore dall’inizio del rientro. Resta da riempire la giornata ad Atene. Come carcerati trasciniamo le borse, compatte ma dal peso specifico del piombo. Prima sosta, al parco. Scopro così il Giardino Nazionale, Popolato da ogni genere di pennuti, insieme e daini e conigli, tartarughe e pappagalli, tutti in grande armonia. Dopodiché, la cosa migliore è fare appello alla cultura. Vendo visto l’Acropoli almeno sei volte e altrettante quasi il Museo di arte greca, si va sul dettaglio: Museo di arte bizantina e Museo Benaki delle arti e tradizioni popolari. Entrambi a pochi passi da Syntagma, la piazza del Parlamento dove non si può mancare il cambio della guardia, elaborato balletto di soldati in costume tradizionale e andatura pinocchiesca.
Brevemente. il Museo bizantino è grande ma con poco contenuto. I saccheggi culturali si fanno sentire, le opere antiche vivono altrove, sono state rapite un po’ da tutti e nella culla molto non è rimasto. Incuriosisce l’esistenza di una cultura italo-cretese. Anzi, una miscela tra veneziani e cretesi che ha prodotto un’arte ibrida tra Bisanzio e Venezia, creata da una comunità di artisti isolani, pronti a seguire i loro mecenati quando questi furono cacciati dai turchi.
Il Museo Benaki contiene manufatti di arte povera, artigianato ricchissimo e regala lo spaccato di una vita quotidiana languida e operosa, le ore trascorse a incidere, ricamare, filare, tornire e scolpire per produrre oggetti meravigliosi destinati alle tappe importanti della vita oppure per rendere meno faticoso il lavoro di ogni giorno.
Allungare il brodo delle ore che separano dal volo, alle 19.20, comporta un pranzo in un ristorantino prelibato e la decisione di prendere la metropolitana. Ma un secondo -letteralmente-prima di passare iil tornello un grande botto segnala il black out. No panic, ma tutti fuori, niente treni. Poiché la situazione non accenna a sbloccarsi e l’idea, in ogni caso, che il black out potesse ripetersi durante il tragitto, ci spinge vento l’autobus. D’altra parte, era unico mezzo di locomozione non previsto, meglio includerlo. In un’ora Venitzelos.
La faccio corta: volo in ritardo. E sovraccarico di bambini piangenti e urlanti come se avessero corde vocali in 3d. Finalmente si parte, ma su Roma l’aereo comincia a girare in tondo. Quando fa così non è mai un buon segno. Infatti, il pilota alla fine ci proietta un bel piano B con atterraggio a Napoli con tutto quel che ne consegue. Per fortuna, la tempesta si sposta a est e riusciamo a toccare terra sotto una pioggia battente. Un perfetto bentornata.
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