Questa qui sopra, e anche qui sotto, è Elafonissi il 14 agosto tra le 12 e le 14. Non c’è alcun trucco. E nemmeno magagna nascosta. Benché sia una delle spiagge più famose di Creta -a ragione- offre anche la possibilità del silenzio assoluto, caletta riparata, mare incontaminato, sabbia rosa di coralli.
Arrivare a Elafonissi, però, come in quasi tutti i posti belli di Creta, fa fatica. Sono poche decine di chilometri da Chania, ma dopo i primi si stenta in una strada sempre più stretta che a un certo punto offre un bel tunnel da uno intagliato nella roccia e a senso unico alternato dal semaforo. Subito dopo, lo spettacolo delle gole impervie, tagliate di netto, con strapiombi decisi e privi di capacità di mediazione. Tipico dell’isola, ci sono già passata, ma sempre impegnativo.
Appena entri in acqua vengono a beccare i piedi certi pesciolini disinibiti, occhiate in miniatura, che non hanno paura di niente. A perdita d’occhio mare blu punteggiato di scogli e scoglietti tra i quali cercare le meraviglie marine oppure semplicemente nuotare godendosi un’acqua trasparente e fresca al punto giusto. Bisogna -purtroppo- camminare un po’ nella sabbia dalla qual spuntano selvaggi e a casaccio i gigli di mare. Mai ne ho visti tanti e cosi belli.
Tuttavia, a voler essere onesti, c’è anche un rovescio della medaglia. Che sarebbe questo: mi si perdoni la banalità, Elafonissi non è un posto segreto.
Riserva molti punti e spunti di bellezza incomparabile, al riparo dalla folla, ma per arrivarci si deve attraversare l’inferno dantesco, con tutti i gironi dei dannati per i quali andare al mare significa urla, racchettoni, folla, ombrelloni appiccicati, cibo unto, tatuaggi in vetrina e tutto il cucuzzaro che ognuno vede dipinto nel quadro di ogni località balneare turistica dal Tirreno all’Egeo e perfino qui, sull’orlo del mar libico. Sorvegliato, a proposito, dal volo intermittente di caccia fulminei quanto marziali.
E quindi, il triste epilogo della giornata prevede una coda disordinata e polverosa per uscire dal parcheggio con acceleratori impazienti e la lotta sorda delle lamiere per conquistare un centimetro prima dell’avversario di volante.
Roba da anni ’70. Con questi presupposti, pensavo che una bottiglia d’acqua mi sarebbe costata il triplo del prezzo di mercato. E invece no, sempre un solo euro.
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