Questa anno mia mamma avrà una signora italiana che starà con lei in campagna ad agosto. Dopo qualche telefonata, siamo andate a conoscerla. Ed e stato subito anni ‘60.
Angela ha, per sua ammissione, 76 anni. Malportati. In apparenza. In realtà è una forza della natura. Trabocca entusiasmo e ti avvince con una ironia irriverente ammetto inaspettata. In pratica l’incarnazione del detto ‘scarpe grosse e cervello fino’. Ma anche di quanto le donne possono fare, pure in assenza di privilegi materiali e/o culturali. Angela ha raggiunto i suoi obiettivi, non si è fermata di fronte a niente, ha osato, amato, combattuto. E’ andata controcorrente e controvolere.
Racconta di sè. Volentieri e con un quid di civetteria. “Volevo scappare dal paese, mio padre faceva il carbonaio e a me di andare su in montagna tutti i giorni a fare fascine e cose cosi proprio non mi andava. A dodici anni avevo tre scelte: continuare a studiare, ma mio padre mi disse che le donne non devono mantenere i mariti e quindi non devono studiare. Andare al paese a lavorare, ma così diventi puttana, sentenziò papà. Insomma, alla fine, di nascosto mi sono messa d’accordo con le monache che mi hanno mandato a Roma a servizio. A 12 anni non sapevo fare niente. Non avevo mai visto la città. E nemmeno oggetti come il frigorifero. Allora i frigo avevano la chiave e io, per sbaglio, la lasciai dentro chiudendolo senza ritorno. La signora è dovuta andare al negozio… Chissà quanto ha speso. E poi. I pavimenti. A casa mia non si lavava con lo straccio e il detersivo. Stavamo in campagna, nemmeno il pavimento c’era. Quindi, io lavo con lo spazzolone e il marmo ancora bagnato appariva lucido è bello. Ma quando si è asciugato, certi segni … La signora me lo ha fatto lavare tante volte, finché non ho imparato”.
Angela mischia passato e presente, come le va. Racconta del marito, costretto da un certo punto in sedia a rotelle. “L’ho portato in giro per il mondo, in quel modo. Siamo stati anche in Grecia, anche alle meteore con la parrocchia. E lui, su e giù dal bus. Ci dicevamo: partiamo? E via, senza tante storie”. Sorride ancora al ricordo di questo uomo che deve avere molto amato. “Quanto era geloso, stava sempre con me”, si compiace ancora. E ricorda di aver rivoluzionato tutta la casa al tempo della malattia: curate le piaghe create dalla lunga degenza, riportato alla dignità e all’amore della famiglia, installato il montascale, riparato il senso di sè dell’uomo colpito.
Una donna fatta di argento vivo, per usare una espressione dell’epoca. Adesso ha parecchi polli e un orto. “Avevo anche i conigli, ma dopo che sono caduta dall’albero mio figlio mi ha detto che non potevo più allevare animali. Ma i polli li ho ricomprati lo stesso, zitta zitta”. E per non farsi mancare niente, va ad aiutare una famiglia di romani che ha una seconda casa. Ma non le sono molto simpatici. “Prima mi fanno fare i polli per loro e poi dicono che non mi conviene. Glieli faccio pagare dieci euro l’uno, puliti e spennati, e hanno anche da ridire. Tu i miei polli non li mangi più, pensavo mentre mi faceva quei discorsi. E poi. Lui è magistrato, lei lavora come dirigente in una grandissima azienda multinazionale e vengono a dire a me che hanno problemi economici e invece io con la mia “pensioncina” sono a posto”, si indigna. Ma sempre tenendo un sorriso ironico tra le labbra.
Guidare le piace assai. Ho preso la patente nel 1973. Sempre di nascosto, confessa. E’ il suo modo di aggirare divieti irragionevoli, li mette di fronte al fatto compiuto, quegli uomini che le vogliono chiudere la vita. “E una volta ho pure cappottato, in cima alla montagna. Ero con mio marito e mio figlio, io sono uscita subito dal finestrino, svelta svelta, a loro poi ci ho pensato dopo. Ma nessuno si è fatto male”, ride.

La foto non rende minimamente l’idea
A conoscerci è arrivata con la promessa di portare “due fettuccine e un sughetto” per pranzo. È finita che si è presentata con:
– fettuccine per sette porzioni (ci ho anche cenato con tre ospiti) e relativo barattolo gigante di sugo
– Prosciutto e melone
– Mezzo pollo arrosto con patate
– Melanzane grigliate
– Fagiolini bolliti
– Sei uova delle sue galline
– Insalata, pomodori, cetrioli, zucchine dell’orto
– Pane
– Vino, acqua, aranciata e altre bevande che nemmeno le ho fatto tirare fuori
– Un paio di chili di prugne dell’albero raccolte da lei
– Pesche.
Non scherzo.
E si è scusata: il dolce non c’è…
Io e mamma non potevamo smettere di ridere. Davvero sembrava di essere a un pranzo di campagna degli anni ’60. Per fortuna, però, non si è offesa se abbiamo mangiato ben poco. In compenso io ho caricato la macchina e ho cibo per tutta la settimana.
Resta da vedere se mamma riuscirà a passare dalle porte dopo un mese di questo trattamento, moltiplicato per tre pasti al giorno…
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