Sono passati sei mesi dalla scomparsa della mia adorata gatta. Si chiamava Google. Naturalmente a me sembrava speciale, ma quale gatto non sembra speciale al suo affetto umano? Riesco -forse- a parlarne solo adesso, un dolore grandissimo, più forte anche perché così solitario. Dice che oggi -17 febbraio- é la giornata del,gatto e dunque mi pare il momento giusto per un omaggio Ogni angolo della casa me la ripropone. Spesso Facebook, con la sua memoria implacabile, mi offre le sue foto, piccole ferite inflitte a sorpresa e a casaccio. Memories agrodolci. Perché lei non è morta, o forse sì. Io non lo so. Si è dissolta nel bosco un giorno di fine agosto. Lei, sempre così appiccicosa, al limite dello stalking. Lei che dormiva non accanto a me, ma proprio sopra. E rispondeva al richiamo come un cane qualsiasi. Google non sarebbe mai andata via di sua spontanea volontà. E in tempi di abbandoni, sempre torno a chiedermi che cosa le sia accaduto. Un falco? Una macchina di passaggio l’ha rapita? Uccisa no, l’avrei trovata nei paraggi. Si è fatta male e ha sofferto imprigionata da qualche parte? Difficile perché Google era una gatta parlante, non stava zitta un momento. Chiacchierava, seduceva, raccontava sue storie di emozioni senza tregua. Si avvicinava a tutti, questo sì. Per lei l’umano era migliore amico. Qualsiasi visita a casa era per lei occasione di incontro, desiderosa di piacere a tutti i bipedi senza condizioni. Con gli altri animali invece nessuna concessione. Detestava i suoi simili e mai ne avrebbe seguito qualcuno in avventura. Sterilizzata, poi, e decenne. La casa in Sabina non era territorio sconosciuto. Ci veniva in villeggiatura ogni anno, escluso lo sperdimento fortuito quindi. Non so, mi tormento e mi arrovello.
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