Il processo e’ un po’ lunghetto ma poiché e’ noto come va a finire si può anche saltare. Raccolto il frutto che può essere giallo rosso verde o variegato a seconda dei capricci delle zanzarine impollinatrici, si sbuccia.
Mi chiedo chi sia stato il genio che da questi grossi semi aspri e dal sapore vagamente di agrume abbia immaginato la polvere marrone e i suoi eccellenti derivati. I semi vanno seccati per due settimane. I primi due giorni bisogna muoverli ogni ora perché fermentano. Poi vengono arrostiti e ridotti in polvere. Finalmente il colore e’ giusto!
Un tempo si usavano delle macchine, ancora conservate alla piantagione, ma dopoil passaggio della monilia devastatrice, si è tornati al lavoro manuale.
Ottenuta la polvere, si passa ‘in cucina’ .
il cacao si scalda appena e ci si aggiunge, nell’ordine, zucchero di canna, estratto di vaniglia, latte condensato, acqua. Si mescola prima con un cucchiaio poi, nella versione turistica, l’impasto si lavora a mano. La cosa curiosa e’ che di colpo comincia a separarsi l’olio. Il famoso burro di cacao, venduto qui separatamente e a caro prezzo. L’impasto alla fine viene steso su un tagliere e diviso in quadretti.
Et voila’, ecco la cioccolata.
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Non ti leggevo da un po' ma sono felice di saperti così esperta ora nella fabbricazione del cioccolato. Ho giusto un po' di semi tostati con i quali non sapevo cosa fare. Quando torni ci proviamo 🙂